Less is more Fare i conti con il carico cognitivo «NON HO TEMPO». Alzi la mano chi tra di voi non ha mai pronunciato questa frase… Giochiamo a tetris con le nostre attività per farle stare dentro giornate sempre più affollate di impegni personali e professionali. Siamo nell’era del multitasking, dell’overload informativo in cui l’attenzione è la merce più rara… Che ci piaccia o no, cari traingagers, questo è lo scenario con cui dobbiamo fare i conti: questo è il contesto in cui il discente 2.0 si trova ad apprendere. E chi ha il compito di progettare, sviluppare o erogare la formazione non può ignorarlo. Il fatto è che a volte ci scordiamo di essere “homo sapiens” ossia esseri viventi con dei limiti biologici. Avete mai sentito parlare di curva dell’attenzione?
Descrive la nostra capacità di rimanere concentrati su un unico stimolo in modo continuativo. Evidenze scientifiche mostrano che la curva si incrementa in modo molto rapido e raggiunge il suo picco intorno ai 7 minuti circa, dopodiché comincia a decadere. La nostra mente, quindi, è fisiologicamente in grado di dedicare le nostre risorse attentive a uno stimolo per un lasso di tempo molto limitato. D'altronde lo aveva già detto lo psicologo Miller nel 1956, elaborando la “teoria dei chunks”. Miller dimostra che la nostra memoria di lavoro ha dei limiti nella sua capacità di immagazzinamento. In particolare, può contenere simultaneamente (cioè può processare contemporaneamente) da 7 (+ o - 2) elementi, chiamati appunto “chunk”. Questo è il nostro massimo “carico cognitivo” ossia, come lo definisce Sweller nel 1988, “la quantità totale di attività mentale imposta alla memoria di lavoro in un dato istante”. E cosa accade se il carico cognitivo è troppo elevato? Il discente va in sovraccarico cognitivo. Cosa vuol dire? Immaginate una spugna. Se ci verso dell’acqua sopra, la spugna si imbeve e la trattiene. Ma se ne verso troppa, la spugna si satura e l’acqua che verso puntualmente scende giù, attraversa la spugna, ormai satura, che non riesce a trattenerla. La spugna è la nostra mente. L’acqua sono le nuove conoscenze che cercano di entrarvi. Non posso far entrare nuove conoscenze in una mente ormai satura perché scivoleranno via, come l’acqua. Il nostro compito è conoscere e combattere il sovraccarico cognitivo dei discenti in un’era in cui sono bombardati da mille stimoli e il loro attention span è ridotto al lumicino… Ok, sì, avete ragione: ci è andata male, era meglio nascere in un’altra epoca 😊 Ma non disperate! Ci sono delle armi per combattere il sovraccarico cognitivo. La più efficace è sicuramente la segmentazione. Se riesco a scomporre i contenuti posso ridurre la dimensione dell’unità minima di conoscenza e di conseguenza facilitarne l’assimilazione. In altre parole, è molto più efficace didatticamente un percorso formativo di 6 moduli da 10 minuti che un corso di 1 ora, e questo a prescindere dalla qualità dei contenuti. Ecco perché oggi si parla tanto di “microlearning”. Non è una moda o una tendenza passeggera ma una metodologia per combattere in modo efficace il sovraccarico cognitivo. Si dice che un esempio vale più di 1000 parole: e allora vi consiglio di scaricare e provare a utilizzare Duolingo. No, non mi interessa che impariate un’altra lingua: provate a vedere questa applicazione con gli occhi del progettista formativo. Duolingo è uno splendido e riuscito esempio di come architettare un percorso formativo in chiave micro, proponendo unità focalizzate e autoconsistenti che si fruiscono agilmente mantenendo alto l’engagement dei discenti. Proviamo anche noi! Perché, nell’era del multitasking e dell’overload informativo, LESS IS MORE. Il microlearning non è l’unico strumento di engagement che possiamo sfruttare. Pensate a certi videocorsi in cui esperti noiosi intrattengono lunghissimi discorsi e il discente non può fare NULLA se non sentire (cioè “subire”) le loro parole… Viviamo ormai in un mondo interattivo e personalizzato ma spesso il digital learning non lo è…. Ecco perché ora più che mai è il momento di passare dal dire al fare, ossia da corsi con un approccio passivo a esperienze in cui l’utente è al centro e interagisce con i contenuti. Come? Lo scopriremo nella prossima tappa del nostro viaggio. Stay tuned! Vincenzo Petruzzi Instructional Designer Ti è piaciuto questo articolo? Segnalalo ai tuoi colleghi o utilizza i tasti social in alto per condividerlo!